
Sei proattivo?
Reattività, proattività e crescita personale
Si parla spesso si proattività: parola che evoca la capacità di essere attivi e propositivi, di anticipare ed agire piuttosto che attendere e adattarsi, di prendere decisioni piuttosto che dubitare e temporeggiare.
In realtà il suo esatto significato è poco noto e, soprattutto, gli altri concetti e teorie ai quali questo termine è collegato sono poco conosciuti.
Un modo estremamente valido per descrivere come ogni individuo (ma anche famiglia, team o azienda) si approccia e si relaziona all’ambiente circostante è quello di rappresentarlo all’interno delle sfere di influenza e di coinvolgimento (rifacendoci a Steven R. Covey – “Le 7 regole per avere successo” – Franco Angeli editore).
La più prossima è la sfera di influenza: è tutto ciò di cui ho un diretto controllo e che posso facilmente influenzare o modificare grazie alle mie azioni e al mio atteggiamento, alla mia comunicazione e alla capacità (se ce l’ho!) di modulare le mie relazioni. Nell’ambito del lavoro è relativa a tutto ciò che mi compete e al modo con cui mi relaziono con gli altri, e a tutto ciò che è nelle mie responsabilità e possibilità. In famiglia e con gli amici: il mio ruolo, la qualità delle mie relazioni e la mia capacità di incidere sulle decisioni e sugli altri componenti del gruppo. Anche nel rapporto con il mondo: tutti gli aspetti nei confronti dei quali posso apportare modifiche, per adeguare l’ambiente al mio comfort o interesse.
La sfera di coinvolgimento è più ampia: circonda quella d’influenza e rappresenta tutto ciò che è al di fuori della mia diretta portata ma che, inevitabilmente, mi coinvolge: quali decisioni prende il Governo, cosa fanno le altre persone che sono intorno a me e sul comportamento delle quali non ho possibilità d’intervento, cosa succede nel mondo che influenza in modo globale il sistema in cui anche io sono compreso.
Per fare degli esempi: se sul lavoro decido di essere più efficace e, ponendomi un termine più stringente per raggiungere un risultato, riesco a farlo, allora significa che sto agendo sulla mia sfera d’influenza. Se invece, la mia Direzione (o qualunque altro organo ad alto livello nella mia organizzazione) decide di cambiare una certa politica (per esempio: tutte le ferie devono essere prese tra luglio e agosto), sto vivendo un fenomeno che mi coinvolge ma su cui non posso intervenire direttamente. Dipende da altri, non è nelle mie facoltà poter decidere o fare diversamente.
Ecco dunque un’importante modalità per definire la reattività e la proattività.
Essere reattivo significa essere focalizzato, attento e responsivo a ciò che è tipico della zona di coinvolgimento. Quando mi comporto in questo modo adotto un atteggiamento tipicamente ‘animale’: rispondo prontamente agli stimoli esterni (che non controllo) senza pianificare le mie azioni essendone padrone, anche perché spesso entrano in gioco automatismi inconsci. Sono soggetto (e oggetto delle) alle sollecitazioni. Essere reattivo non è una modalità né “giusta” né “sbagliata” di per sé: come sempre, bisogna capire se e quando è funzionale. In una situazione di emergenza e/o di esposizione a pericoli oggetti esterni la reattività è un fattore determinante per la sopravvivenza ed è quindi utile. Anche la reattività intesa come capacità di risposta immediata e congruente alle comunicazioni all’interno di un team è un valore che rende fluida l’operatività ed è un automatismo importante da implementare.
Nel caso in cui, invece, la reattività pervade tutta la mia quotidianità e la mia vita con l’intento (sotteso) di mantenermi nella mia zona di comfort, allora può essere decisamente disfunzionale. In questo caso posso sentirmi schiacciato, impotente e frustrato e assolutamente demotivato a cambiare, a crescere.
Essere proattivo significa, invece, essere focalizzato sulla mia zona d’influenza, cercando sempre di ottenere i migliori risultati in ciò che sto facendo e sforzandomi costantemente di analizzare e modificare gli aspetti della mia realtà in funzione di obiettivi ben costruiti.
È ovvio che nella quotidianità e nella realizzazione di un ‘progetto di vita’ c’è una differenza abissale tra i due comportamenti; essere proattivi ci aiuta e ci orienta a conseguire specifici risultati e ci preserva, ci protegge dall’influsso della zona di coinvolgimento. Essere proattivi, inoltre, ha un’altra importante conseguenza. Se sono proattivo e rendo migliore il mio modo di vivere, raggiungo risultati e cresco, vado ad ampliare la mia zona di influenza: ovvero divento più ‘potente’.
Reattività Proattività
Ci saranno cose che in una situazione iniziale sono nella zona di coinvolgimento e, dopo un mio percorso di crescita, possono rientrare nella mia zona d’influenza. Facciamo un esempio: se sono un ‘normale cittadino’ (una lavoro nella media e con medie responsabilità) non potrò fare molto per la fame nel mondo o per orientare la politica energetica del mio paese. Ma se divento (crescita) il presidente della FAO o il consulente per l’energia numero 1 del mio Governo, potrò far rientrare alcune azioni per cambiare quelle situazioni nella mia zona d’influenza.
Ecco come, dunque, il concetto di proattività è intimamente connesso a quello della crescita, personale e professionale (che hanno molti tratti in comune, a partire dallo sviluppo delle competenze trasversali).
Un altro modo di comprendere la reattività e la proattività ci viene offerto dalla PNL (Programmazione Neuro-Linguistica). In PNL un argomento chiave sono i cosiddetti “metaprogrammi”: schemi di pensiero e di comportamento che risiedono nel nostro inconscio (vi si sono depositati a seguito di atteggiamenti mentali e comportamentali iterati nel tempo, che sono diventati abitudini) e che orientano in modo automatico alcune importanti funzioni. Tra questi, James e Woodsmall (vedi ‘Time Line’ – Casa editrice Astrolabio) identificano un “metaprogramma” di relazione con il mondo, di tipo polarizzato (ovvero con due configurazioni opposte).
Secondo gli autori ci sono due tipi di persone: quelle che si adattano al mondo (leggi ‘reattività’) e quelle che adattano il mondo a sé (leggi ‘proattività’). Tu che tipo sei, solitamente?
Più Clark Kent o Superman?
Tieni conto che finora, effettivamente, abbiamo solo fatto della teoria.
La domanda successiva è: come faccio ad essere proattivo?
Su cosa devo lavorare e quali strumenti posso usare?
Questo è determinante chiederselo se voglio concretamente cambiare la mia modalità. I metodi e gli strumenti ci sono; sono tanti e si possono acquisire.
Il modo migliore per conoscerli ed iniziare ad usarli è intraprendere un percorso di crescita personale affiancati da persone esperte e disposte a supportarti con un coaching personalizzato.
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